«Carico d’anni e di leggende, sorge, costeggiando tutta l’odierna via Filangieri, il palazzone dei Cuccomarino. La sua età è imprecisata, ma se ne presume l’origine al 1500. Tutte le casupole sortegli davanti sono di ieri, e sembrano dominate da esso, che pare le tenga sott’occhio: indizio di antica padronanza dei loro suoli, specie quando si pensi ad alcuni tributi fondiari che vengono ancora oggi intestati ai Cuccomarini. Magnifico come esposizione, perché prospiciente alle verdi colline che gli fan corona, tra cui il colle Liso, baluardo maestoso che pare messo lì a difesa dell’abitato, il palazzo rimane baciato dal sole per tutta la giornata, perché anche la parte posteriore, rivolta al tramonto, resta scoperta in profumato giardino perdentesi in vasto uliveto. L’intero fabbricato si compone di una cinquantina di vani, tra cui un ampio salone di circa 80 metri quadrati. Degno di nota per il pregio artistico alquanto raro, è

il portale granitico dell’ingresso centrale: ampia cornice di scolpiti blocchi che esprime una solennità maestosa d’altri tempi, produzione artistica di scalpellino provetto, ammirato residuo d’un genere d’arte purtroppo in disuso ai giorni nostri. Ancora degno di menzione è l’androne del palazzo, dove si nota una pavimentazione di ampie lastre di granito, nonché due scaloni di pietra, uno a destra e uno a sinistra, che portano al piano superiore. Ivi, meraviglia dei competenti odierni, si notano tre pregiate porte ancora in ottimo stato, sebbene risalenti a tempi remoti, che danno l’accesso agli appartamenti.
[…] Ad onta dei vari terremoti, che hanno distrutto o gravemente danneggiato nel tempo si può dire tutte le abitazioni del paese, compreso il tempio, questo palazzo di più dura cervice, molestato solo da qualche lieve avaria riportata nei vari sussulti, promette ancora la possibilità di lunga vita, anche se lo strapiombo di qualche cantonata produce un senso di stupore all’occhio di chi l’avverte. La sua costruzione in maggior parte è a base di breste, cioè mattoni di fango, ma i muri risultano animati da una gabbia di travi: criterio oggi superato dal cemento armato, ma che allora si rivelava come unica difesa d’una certa efficacia contro gli attacchi sismici.
Narrano i vecchi, per sentito dire, che tutte le pietre occorrenti per le fondazioni furono trasportate, dalle lontane cave al muratore che le collocava, mediante una lunga fila di manovali che, da fermi, se le passavano di mano in mano. Naturalmente son cose che hanno il sapore di leggenda e che ci piace qui riportare solo a titolo di curiosità. Più attendibile ci pare la notizia, pure tramandata, che conferma in detto palazzo aver fatto soggiorno un re, durante un giro di ispezione in queste contrade periferiche del suo regno. Si dice pure che all’occasione sia stato apprestato al sovrano, da parte dei proprietari del palazzo, un orinale d’oro. Nulla d’inverosimile in questo aneddoto, specie se lo si volesse ricollegare al viaggio di Ferdinando II, nel 1833, che pare essere giunto a Laureana ed essere stato ospite della famiglia Lacquaniti»